The Alfa Romeo 135.                     By Alessandro Colace

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In the Thirties the Regia Aeronautica was looking for an engine of great power for the air force. This engine had to be compact and generate 2000 horsepower. With this engine you want to power the new bombers and heavy fighters. Besides that you wanted to be competitive the Italian Civil Aviation and the Italian motor industry. After years prior where Italy had had a class of engines, the Isotta Fraschini, who had shown the world the maturity reached by the Italian technicians. When, in 1934, the Alfa Romeo 135 was built to look like all that Italy return among the big of the motorization in the field of aviation. For a complete discussion you can read :

La Regia Aeronautica e i Motori aeronautici. Le esigenze, gli obiettivi e i problemi degli anni ´30

 Da Alessandro Colace

L’Aeronautica italiana, i suoi istituti di ricerca e le principali ditte di propulsori aeronautici avevano appurato il bisogno di sviluppare propulsori di potenza elevata e costruzione nazionale. Nei primi anni 30, infatti, la nostra aviazione era legata a filo doppio, tranne qualche notevole eccezione, alla produzione di motori che erano costruzioni su licenza di modelli inglesi e francesi o sviluppi diretti da questi. Era necessario affrancarsi dalla dipendenza estera e a più riprese si cercò di spronare l'industria italiana allo sviluppo motoristico avanzato. Del resto potevamo vantare alcuni dei progettisti migliori in questo campo. Le ditte sapevano bene, d'altro canto, che la progettazione e soprattutto lo sviluppo, certificazione e messa in esercizio reale di un propulsore comportavano costi esorbitanti e che la Regia Aeronautica e il giovane ministero dell'aviazione avevano una buona disponibilità di danaro, ma non tanta da consentire un appoggio sostanzioso e continuativo ai costi che una ditta si sarebbe dovuta sobbarcare per rendere operativo in breve tempo uno o più propulsori di grande potenza. Inoltre le principali aziende italiane del settore erano assolutamente contrarie, per ovvi motivi commerciali, ad accettare imposizioni ministeriali che tendessero a razionalizzare la programmazione di sviluppo di pochi modelli di motore standardizzati e tendevano a seguire una propria via disperdendo le forze. Dobbiamo dire, a loro parziale difesa, che il campo sembrava fecondo di commesse e di possibilità di penetrazione commerciale indipendente specialmente per l´Italia che si era imposta come una delle nazioni piu vivaci e feconde di nuove proposte nel campo aviatorio. Sembrava quindi ci fosse spazio in abbondanza per tutte le aziende italiane e che esistessero spazi di progettazione sufficientemente grandi da non doversi preoccupare di una ferrea irreggimentazione degli sforzi per ottenere i propulsori di potenza di cui si era dimostrato ci sarebbe stato bisogno a breve. Si assistette così allo sviluppo di propulsori di ottimo disegno che non si riuscì a rendere affidabili in tempo perché avessero un ruolo fondante nelle schiere di aerei che i nostri progettisti stavano o si accingevano a porre alla luce. La mia ricerca storica su documenti , su opere italiane ed estere e su calcoli ingegneristici cerca di porre in evidenza luci ed ombre del nostro impegno nella tecnica aviatoria al fine di disperdere calunnie e ristabilire, per quanto possibile, un quadro veritiero su una parte della nostra storia da molti malamente trattata. Poche sono le opere di buon livello che trattano questi settori storici . Alcuni ambiti , pure molto importanti, sono quasi totalmente trascurati, dando una immagine di provincialismo tecnologico italiano che a mio avviso e´ in larga parte completamente falso.

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